giovedì 22 settembre 2011

Il ritrovamento di un pezzo del nostro presente in un futuro di ruggine

Forse mi hanno preso per l’ufficio stampa del futuro. Sapete?
Sempre quella magica “F”, mi perseguita, se non fosse poi, una magnifica opportunità di riflessione.

Con il copia e incolla che oramai contraddistingue il nostro modo di produrre e riprodurre all’infinito, senza un vezzo stonato di creatività, e che a quanto pare sarà probabilmente, anche una delle cause della nostra distruzione, ho preso un articolo, di un archeologo, un tal Ermanno Zaccati, finito a riempire nella mia posta elettronica.

Ha scritto le seguenti considerazioni su un suo ritrovamento in un futuro poi mica tanto remoto:


 ANNO 2338: LA FANTASTICA SCOPERTA DI UNA ZONA PRODUTTIVA DI TRECENTO ANNI FA

Nel corso delle mie ricerche durate circa un anno, ho avuto la possibilità di scoprire e studiare una vasta area di passati insediamenti produttivi nella zona periferica ad est del città di Donabbo.
Dagli archivi elettronici, è risultato che più di trecento anni fa,tale area disponeva di una fiorente industria manifatturiera e che con l’avvio dei mercati concorrenziali esteri ha subito un lento ed inesorabile processo  di dismissione. Si è passati da un primo ridimensionamento della produzione ad una successiva dismissione dell’apparato industriale.
Durante la campagna di scavo, sono emersi le fondamenta di alcuni grandi manufatti industriali che presumibilmente contenevano l’industria tessile. Inoltre, fatto ancora più rilevante, sono stati trovati inspiegabilmente interrati dei grossi contenitori in ferro in evidente stato di disfacimento. Erano undici e tutti con irreversibili segni di ruggine. Erano spogli di qualsiasi riferimento, solo una caratteristica li accomunava, una strana sigla era apportata su ognuno di essi: MADE in PRC.
Probabilmente erano gli ultimi contenitori di merce lasciati a marcire dopo che il prezzo del petrolio era arrivato a circa trecento dollari per barile. Per chi non conoscesse il barile e il dollaro sono due unità di misura cadute in disuso, l’una del denaro l’altra dei liquidi viscidi.
Dagli archivi è risultato un fiorente acquisto di merci, e la presenza in quella zona di estratti chimici per l’industria tipografica. Quella era l’era definita dagli economisti contemporanei del “Conteinerismo”, una sorta di acquisizione a bassi prezzi di merce scadente proveniente dall’estero per rivenderla a prezzi maggiorati sotto altri marchi più blasonati. Era la maniera di rispondere alla crisi di allora.
Evidentemente in quell’ultimo periodo si è avuto una ristrutturazione dell’industria e si è passati dal manifatturiero al settore tipografico. Probabilmente quell’area era oramai diventata solamente una stamperia di etichette per prodotti fabbricati in altre parti del mondo.”



Forse ci riteniamo di aver cumulato troppa dignità? Oppure è molto meglio sdegnarsi di questo presente e dire che siamo fortunati a dare per scontato che almeno non abbiamo più fame?



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