lunedì 12 gennaio 2015

Diffidando degli assoluti


Di Dalia Trisullia


Diffido assolutamente di tutti gli assoluti. Perdonatemi l’assonanza di termini, ma diffido di quanti credono di possedere la verità, e per questo  presumono di poter agitar qualsiasi mezzo per imporre il proprio credo. Le ultime vicissitudini dell’integralismo hanno solcato inevitabilmente la nostra attenzione, ma senza rendermi ripetitiva, ripeto che continuo a diffidare degli assoluti.
Perchè altri assoluti dai quali diffido è la presunta possibilità di rendere illimitata la libertà di demolire qualsiasi cosa, idee, soprattutto se nell’appartenenza di altri. Siamo perfettibili, è legittimo il diritto di critica, la necessità di ascolto, dialogo per  migliorare, ma la libertà si fonda sull’unico limite del rispetto degli altri. Quando si toccano corde tanto delicate è presumibile aspettarsi una reazione, è inevitabile rimanere risucchiati nella paranoia del controllo.
Tuttavia la nostra cultura, ove il consenso è la faccia pervertita della democrazia, più si ha la capacità di condire l’attenzione sotto il sacro manto della libertà, agitando volgarità sotto il sensibile potere dell’inchiostro o il bruciante fuoco della polemica delle parole di talk show scadenti, e  più si moltiplica l’attenzione. L’attenzione significa comunicazione, significa esistere. E per esistere bisogna farsi consumare.
Di fronte alla morte nessuna parola può essere consolatoria. Tuttavia la morte è il più grande strumento di promozione: promozione della paura ad esempio. In Italia stanno già inasprendo le pene preventive per tutti coloro che saranno sospettati di terrorismo. Forse dopo quest’articolo, potrei dire di essere una candidata.
E la morte rende sensibili le corde del consumo. Ognuno infatti si chiede sotto l' assedio della paura: se in qualsiasi momento e per qualsiasi ragione posso venire a mancare, perché rinviare la gratificazione di un acquisto?
Dopo la morte di quei vignettisti, qualcuno godrà di tanta inevitabile e per molti versi non auspicata attenzione, ma una domanda mi viene da porvi:

quanti di voi hanno desiderato il prossimo numero di Charlie Hebdo?

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